Virale l’addio ai resi gratuiti: da Zara ad Amazon, non si salva nessuno, le aziende vogliono limitare le perdite e l’enorme disagio ambientale. Ecco cosa sta succedendo.
Si legge ovunque che i resi gratuiti non saranno più possibili, ma cosa sta succedendo? Il problema principale sui resi degli ordini online parte dagli Stati Uniti. La patria del consumismo smoderato, regina delle abitudini occidentali, si è accorta che i suoi cittadini non facevano altro che acquistare molto di più di quanto volessero spendere, per poi ricevere il pacco a casa con la possibilità di provare i vari prodotti, e scegliere quelli da tenere, approfittando del reso gratuito per gli altri.
Questo meccanismo ha fatto sì che circa il 17% dei milioni di acquisti online, faccia due viaggi: uno d’andata e uno di ritorno. Il problema è molto espanso anche in Italia. Anni fa fu Zalando a iniziare questa politica. Si tratta di un periodo in cui acquistare online non era ancora una pratica sdoganata e i clienti avevano il timore di sbagliare taglia, di comprare qualcosa che poi una volta arrivata sarebbe stata diversa, e di non poter più rimandare indietro il tutto, perdendo soldi.
Zalando così prometteva di poter acquistare, provare e e rispedire indietro gratuitamente, anche seduta stante. Ovviamente con l’enorme lavoro dei corrieri esploso durante il 2020 con l’arrivo del Covid, non è stato più possibile attuare questa politica perché il corriere non aveva il tempo di aspettare la prova dei capi, ma il concetto è rimasto lo stesso: si acquista e poi si rimanda indietro in modo gratuito.
Questo servizio che ha permesso l’enorme espansione dell’acquisto online ha creato però un cortocircuito pericoloso, sia per i costi aziendali, sia per quanto riguarda l’inquinamento ambientale. Zara, H&M, sono tutti siti che permettevano l’acquisto con reso gratuito, questo faceva sì che le persone potessero acquistare capi di diversa misura, provarli e poi rimandare indietro le taglie errate.
Purtroppo questo metodo non è più sostenibile e sta causando enormi danni, motivo per cui pian piano la maggior parte dei marchi sta abolendo il reso gratuito. Il comunicato è arrivato anche da Amazon, il colosso di vendite online. La decisione è volta non a penalizzare il cliente ma a porre un freno al fenomeno dei resi compulsivi: aggiungendo un costo al reso si spera di diminuire le richieste.
Negli Stati Uniti, ad esempio, Amazon ha iniziato ad addebitare un dollaro ai clienti per la restituzione degli articoli presso i negozi UPS. Anche Zara, H&M, J.Crew, Anthropologie, Abercrombie & Fitch hanno deciso di cambiare le regole introducendo una commissione a chi vuole restituire un prodotto. Il trend è ormai iniziato e sembra coinvolgere sempre più marchi.