Gamehouse condannata per sessismo: Le scuse di Riot Games non bastano | Utenti in rivolta
Una bomba mediatica è esplosa sulla testa di Riot Games. La questione andava avanti, tra avvocati e tribunali, già da qualche anno ed ora sembra si sia giunti ad una conclusione definitiva. Parlare di sessismo sul lavoro nel 2023 non è scandaloso, ma deplorevole, e forse con questo esempio le altre aziende potrebbero pensare di evitare errori del genere.
Le accuse nei confronti di Riot Games sono molto pesanti. Ad oggi, la discriminazione di genere dovrebbe essere estranea alla realtà lavorativa – come a qualsiasi altra – ma, purtroppo, non è ancora così. L’azienda, però, ha pagato caro questo errore e, probabilmente, in futuro farà molta più attenzione ai suoi dipendenti.
La sanzione salatissima dovuta da Riot Games alle sue dipendenti, 1548 donne per la precisione, ammonta a 100 milioni di dollari. Tra gli episodi più importanti della vicenda è sicuramente presente quello riguardante l’ex CEO Nicolo Laurent contro cui, assieme alla società, è stata intentata una causa per molestie da parte della sua assistente esecutiva, Sharon O’Donnell, nel 2019. La donna fu licenziata nel Luglio del 2020, pochi mesi dopo aver chiesto di avviare il processo.
Quest’azione ha dato il via ad una causa collettiva sulle discriminazioni di genere, il cui pagamento della sanzione ne segna il termine. La causa si è protratta dal 2018 fino allo scorso anno, periodo in cui Riot Games ha deciso di dimostrare miglioramenti interni dell’azienda, come progetti volti a migliorare l’ambiente di lavoro e rapporti riguardanti una maggiore inclusività. Effettivamente, rispetto agli scorsi anni c’è stato un aumento del personale femminile, anche in ambito amministrativo, ma questo non è bastato a far tacere la bufera mediatica.
Dopo l’inizio della causa e con l’aggiungersi della testimonianza della O’Donnell, Riot Games non ha passano gli anni migliori della sua carriera. Ora che la causa è giunta al termine, sembra quasi che Laurent si sia licenziato di proposito, ma non sono state fatte dichiarazioni in merito. Le indagini interne hanno concluso che non sono presenti prove delle molestie e discriminazioni da parte dell’ex CEO nei confronti della sua assistente. In ogni caso, il suo ruolo verrà ricoperto da un nuovo CEO, A. Dylan Jadeja, operante nell’azienda già dal 2011.
Conseguenze troppo leggere?
Sebbene Laurent sia stato uno dei maggiori imputati in questa causa, ha affermato che, nonostante le dimissioni dal suo ruolo, continuerà a lavorare con Riot Games come consulente. Probabilmente per le donne implicate nella causa, e soprattutto per la sua assistente, questo sembra un risvolto della situazione fin troppo benevolo.
Altre società avrebbero potuto interrompere ogni sorta di rapporto lavorativo poiché, nonostante l’assenza di prove, questa vicenda rappresenta una macchina enorme sul curriculum dell’azienda. Si spera che, ora, la situazione possa cambiare per le dipendenti di Riot Games. Jadeja viene descritto come un uomo empatico, che potrebbe far rivalutare l’immagine dell’azienda.